Rieccomi qua!
Un grazie a tutte le persone che sono passate a trovarmi ieri.
È sempre bello sapere che c’è chi ti pensa anche quando non ci puoi essere.
La giornata di ieri, 16 ottobre, per me è una ricorrenza, un compleanno per essere più precisa. Festeggio il mio battesimo dell’inchiostro.
Quale modo migliore di festeggiare se non facendomi inchiostrare un altro po’?!
Ogni volta mi torna in mente quando, in uno scritto di un po’ di tempo fa, reclamavo trasfusioni d’inchiostro, convinta che l’inchiostro fosse meno tossico per il mio corpo di quanto non lo fosse il mio stesso sangue.
Era il periodo in cui sentivo il sangue corrodermi le vene come fosse acido, incancrenirle come fosse veleno.
L’inchiostro che imbrattava la pagine di parole ossessive e violente era l’unico sollievo.
A un certo punto però, le pagine hanno smesso di bastarmi, e sono passata alla pelle. Ero sicura che quel prodigioso liquido scuro avrebbe fatto miracoli, e così è stato.
La parte strana di tutto questo era il ribaltamento dei ruoli. Da penna diventavo pagina, da imbrattatrice diventavo imbrattata. Io che per vizio coloro le persone coi pennarelli, lasciavo a qualcun altra libertà di colorare me.
Un sacco di sensazioni contrastanti mi si aggrovigliano dentro ogni volta. Dal disorientamento per questo passaggio all’altro lato della barricata, alla catarsi dell’unione di inchiostro e sangue.
Premetto che io ADORO TUTTE le mie creaturine, ma ieri Jaco non mi ha solo tatuata, ha fatto una sorta di magia.
Nell’ultima nata infatti è davvero riuscito a racchiudere molto di quello che è la mia essenza.
L’amore per la scrittura, la passione per il russo, l’apparenza corazzata che nasconde interi mondi per chi sa guardare oltre.
Ha rafforzato la mia convinzione che quando l’arte si scontra con altra arte, non può che nascerne un capolavoro.
A dire il vero sono anche un po’ indispettita, perché ancora non riesco a trovare le parole giuste per parlarne come vorrei, ma d’altro canto sono convinta che l’unico modo per capire un tatuaggio sia farne uno. Inutile dire che parlo di chi se lo fa perché gli attribuisce un significato, non di chi lo vuole perché “va di moda”.
E forse sta proprio qui l’intoppo dell’apparente inadeguatezza delle parole…
Ci sono stati d’animo che le parole faticano a descrivere, o forse sono io che fatico a tradurli in parole. C’è talmente tanto di me nella nuova creaturina che io stessa mi ci riscopro, quasi non mi conoscessi affatto, ogni volta che lo sguardo si posa su un dettaglio diverso.
Per non smentire quanto scritto finora… vorrei blaterare di questa cosa ancora per secoli, ma non saprei cos’altro aggiungere.
Davvero grazie di cuore a quel sant’uomo di Jaco, che ieri ha battuto i suoi già altissimi livelli di tolleranza nei confronti della sottoscritta.
Non mi resta che presentarvi l’Opera d’Arte:
PS. Se davvero dovessi assecondare la malsana idea di darle un nome, vi aggiornerò! ;P
PPS. I ghirigori e le faccine sceme intorno al capolavoro di Jaco le ho aggiunte io. Chiamasi: non avere una beata mazza da fare nell’attesa dei mezzi e possedere un iPhone strabordante di app inutili! 😛
PPPS. Per vedere il link all’album con le foto dei lavori di Jaco, è necessario aver effettuato l’accesso a Facebook.