Mi spiace.
No. Non è vero. Non mi dispiace proprio per niente. Ho smesso di andare incontro a chi non prova nemmeno a venire incontro a me.
Le relazioni umane sono degli enormi, giganteschi compromessi, attorno ai quali, se ti va bene, puoi permetterti di far gravitare anche qualche buon sentimento.
A me finora non è quasi mai andata bene, dunque sì, sono asociale e misantropa.
Detengo ottimi livelli di diplomazia, quindi all’apparenza sono in grado di intrattenere buoni rapporti più o meno con chiunque, in realtà nella mia testa prende forma ogni giorno di più il progetto di un epico rogo purificatore.
Ci tengo a dire che non mi sto lamentando, anzi, solo mi domando dove stia il punto nel censurare se stessi al solo scopo di piacere a tutti.
È un’utopia. Ma anche se fosse possibile, a quel punto come fare?
Se la sintonia con le persone fosse universale e indiscriminata a priori, come sarebbe possibile il crearsi di relazioni di valore?
Un’amica varrebbe l’altra, un compagno varrebbe l’altro, una collega varrebbe l’altra, un parente varrebbe l’altro, e così via…
Saremmo solo tasselli intercambiabili di un macroscopico puzzle sociale.
Non so, forse nonostante tutto credo ancora nell’esistenza di esseri umani dotati di un intelletto affine al mio, forse lascio ancora alle persone che sembrano possederlo troppo spazio per deludermi, forse, più semplicemente, non ho ancora imparato la vecchia, proverbiale lezione del “chi fa da sé fa per tre” ed elargisco ancora troppo beneficio del dubbio.
Mi concedo un’altra precisazione, perché l’idea di apparire presuntuosa non mi alletta…
Vorrei che nell’espressione “intelletto affine al mio” non si leggesse “alla mia altezza”. Lungi da me ritenermi meglio o peggio di chiunque altro. Ciò che intendevo è solo che a volte farebbe piacere, conversando con qualcuno, avere la sensazione che l’altra persona stia davvero capendo ciò che gli dici e, perché no, che magari addirittura lo condivida.
Bene. Mi rendo conto di aver detto tutto e non aver detto nulla, ma stamattina è così.
Colpa mia. Appena sveglia mi si sono schiantati addosso tutti gli strascichi di una cosa che ho deciso di ignorare di proposito.
Sapevo che sarebbe andata così, ma non è bastato a farmi decidere di affrontare subito la questione.
Per cui, tornando all’inizio, in realtà sì, mi dispiace, ma ho deciso di non venirti incontro lo stesso.
Chi non muore… se ne torna affan…!
No, ma io dico, ma chi cazzo credi di essere?
Non penserai mica che io sia una di quelle che, siccome sei bello, ricco e intelligente, chiudono un occhio sul fatto che sei anche stronzo.
Eh no, bello mio!
Sull’intelligenza, lo ammetto, non sono disposta a transigere, ma per quanto riguarda bellezza e ricchezza, beh, non sono qualità capaci di impressionarmi granché.
Per carità, io apprezzo la franchezza, ma quando è autentica, non quando gioca lo sporco ruolo di alibi per la stronzaggine.
“Ma io ero stato chiaro!”
Certo, chiarissimo, ma come dicevo, essere chiari è una cosa, essere stronzi è ben altra.
Hai la tua vita? Coi tuoi impegni e i tuoi ritmi?
Ottimo! E dov’è la parte in cui sta scritto che questo ti autorizza a ignorare che ce l’abbiano anche gli altri?
Mi spiace, ma la mia fase di incondizionata carità verso i casi umani è finita.
Sì, sei una persona sola, ma perdonami la schiettezza: è una tua scelta.
Non è vero? Ah no?
Come ti pare. Per quanto possa, da un certo punto di vista, apprezzare alcune tue attenzioni e accortezze nei miei confronti, resto del parere che se fossi davvero soddisfatto appieno della tua vita, non avresti bisogno di me, in alcun modo e in nessuna veste. E dire che da un lato quasi mi dispiace, perché non si può mettere in dubbio che la tua è una vita di cui sarebbe interessante far parte, ma non da jolly.
Detto ciò, tornatene pure da dove sei venuto.
Quando avrai deciso cosa fare di te stesso, forse imparerai anche a capire cosa fare di te stesso in relazione agli altri.
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